domenica 29 ottobre 2017

Le motivazioni della "sentenza suicida" di primo grado della mia causa di lavoro

Il giorno 28 Agosto 2017, finalmente, sono state pubblicate le motivazioni con le quali il Giudice Maria Luisa Pugliese, che ha seguito la causa dal suo principio (Agosto 2014), ha respinto la mia domanda relativa al reintegro nel Cafè Letterario Carracci Fava. 

In gergo pare si definisca "sentenza suicida", ovverosia
una sentenza che, basandosi su motivazioni fragili, contraddittorie e magari incoerenti, si espone alla possibilità che il verdetto di appello ne rovesci inevitabilmente il senso, la riformi radicalmente o la annulli (definizione che ne dà Luigi Manconi).

Tratto dall'articolo di Bologna Today del 6 Settembre 2017


Ancora più grave è il fatto che il 7 Gennaio 2017, e dunque solo sette mesi prima dell'udienza di discussione (udienza finale) del mio processo, lo stesso Giudice M. L. Pugliese aveva disposto, con ordinanza cautelare in corso di causa, il mio reintegro urgente, ai sensi dell'articolo inderogabile 2112 c.c.. 

Cosa è cambiato da quella ordinanza? 

Sono stati ascoltati i miei colleghi (nelle udienze del 12 e 13 Luglio 2017), che hanno confermato la circostanza che io lavorassi con loro, nel ruolo di Responsabile, nel bar all'interno di Palazzo Fava. 

Hanno confermato, inoltre, che, nel cambio di gestione avvenuto senza soluzione di continuità tra il 6 e il 7 Febbraio 2014, fui l'unico a non passare alle dipendenze del nuovo datore di lavoro, Colazione da Bianca. 

L'ordinanza cautelare del 7 Gennaio 2017 recitava: "Nel suddetto accordo transattivo (tra Suavitas e Museo della Città, n.d.r.) veniva concordato che al ramo di azienda sarebbero rimasti addetti esclusivamente Zucchelli, Silva e Frassinesi, e nulla veniva stabilito con riferimento ad Andrea Paci e non è in contestazione il fatto che anche Andrea Paci era in effetti addetto al ramo di azienda affittato; non è in contestazione che Paci tempestivamente in data 11.2.2014 ha rivendicato il suo diritto a passare alle dipendenze del nuovo gestore alla stregua dei lavoratori subordinati indicati nell'atto di cessione". 
Ricordava, poi, che l'inderogabile "art. 2112 c.c. prevede, al comma 1, che in caso di trasferimento d'azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano".

Concludeva, infine, che "da tale disposizione discende il diritto del ricorrente alla prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria Food Etc (Colazione da Bianca) a far data dal 7.2.2014". 

Per questo motivo, accertava "l'illegittimità del mancato passaggio di Andrea Paci alle dipendenze di Food Etc srl ai sensi dell'art. 2112 c.c." e ordinava "per l'effetto, alla cessionaria Food Etc srl di riammettere il ricorrente a lavoro".

La sentenza definitiva di primo grado, pubblicata il 28 Agosto 2017, è stata sostanzialmente un copia-incolla di quell'ordinanza, traendone, però, una conclusione esattamente contraria a quella dell'ordinanza cautelare di sette mesi prima:  "Nel suddetto accordo transattivo (tra Suavitas e Museo della Città, n.d.r.) veniva concordato che al ramo di azienda sarebbero rimasti addetti esclusivamente Zucchelli, Silva e Frassinesi e nulla veniva stabilito con riferimento ad Andrea Paci. [...] Nel contratto di affitto (tra Museo della Città di Bologna e Food Etc srl, conosciuta come Colazione da Bianca - n.d.r.) è stato specificato che al ramo di azienda affittato avrebbero fatto capo esclusivamente i lavoratori subordinati Zucchelli, Silva e Frassinesi che appaiono, quindi, allo stato, gli unici lavoratori formalmente addetti al ramo di azienda affittato e che il ricorrente è rimasto in forza a Suavitas srl, di cui come si è detto era socio di minoranza, fino alla data del licenziamento per motivo oggettivo. Non è in contestazione il fatto che tempestivamente, in data 11.2.2014, ha rivendicato il suo diritto a passare alle dipendenze di Food Etc. alla stregua dei lavoratori subordinati indicati nell'atto di cessione. Il ricorrente è rimasto effettivamente in forza alla società Suavitas srl con cui ha proseguito il suo rapporto di lavoro per 74 giorni, oltre la data in cui la Suavitas ha retrocesso il ramo di azienda al Museo della Città".

Ha continuato, poi, riportando la testimonianza della legale rappresentante della società Suavitas srl, Rita Mattioli (mia controparte nel processo), che affermava: "Il signor Paci, dopo il passaggio del Cafè Letterario ad altra gestione, ha lavorato per Suavitas per una settimana in un magazzino di Bologna, via Manzoni 6, in cui stavamo facendo l'inventario. Dopo è stato in malattia e dopo un periodo di permesso non retribuito e ferie vi è stato il licenziamento", e che ribadiva quanto da me dichiarato nell'atto di citazione del mio processo di lavoro (ha confermato, dunque, che dal 7 Febbraio 2014 non ho potuto fare più il barman, non avendo, la società Suavitas, altri locali o altre attività in cui potermi impiegare).

Ha motivato così la sua decisione (che ha ribaltato l'ordinanza cautelare di sette mesi prima): "Pertanto, l'istruttoria testimoniale e documentale ha confermato che alla data del 7.2.2014 al ramo di azienda oggetto del suddetto contratto di affitto risultavano addetti esclusivamente i lavoratori Zucchelli, Silva e Frassinesi e non il ricorrente, con conseguente non applicabilità a quest'ultimo dell'articolo 2112 c.c.".

Il fatto che alla data del 7.2.2014 io non fossi addetto al ramo di azienda oggetto del contratto di affitto tra Museo della Città di Bologna srl e Food Etc. srl è proprio il motivo per cui ho fatto causa! 

La testimonianza del mio collega Gianni Frassinesi, riportata dal Giudice M.L. Pugliese nella sentenza di primo grado a sostegno della sua motivazione, in realtà, a rigor di logica, avrebbe dovuto confermare l'illegittimità del mio mancato trasferimento alle dipendenze di Food Etc, come si può leggere: "Il signor Paci non ha mai lavorato per la signora Laura Ardagna (legale rappresentante di Colazione da Bianca); dal venerdì non è più venuto nel locale".

L'articolo 2112 c.c., che aveva garantito la continuità lavorativa ai miei colleghi Zucchelli, Silva e Frassinesi, secondo il Giudice Maria Luisa Pugliese non sarebbe applicabile al sottoscritto, con la conseguente decisione di far diventare la mia vicenda un caso eclatante di diritti negati ad personam. 

Come si può immaginare, farò appello, con sempre meno fiducia nella giustizia, ma altrettanta speranza che la sentenza di primo grado venga integralmente riformata, perché, ad essere sinceri, quella del Giudice Pugliese non ha alcun appiglio giuridico sostenibile, oltre che un filo logico convincente.


Ad maiora!

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